L’odore del sambuco

STEFANO RAIMONDI

Stefano Raimondi, L’odore del sambuco*
[8 giugno 2016 — 17 luglio 2017]

Rammenta una foglia nerastra
pendeva dal sambuco
il simbolo bello per la coppa del sangue
Paul Celan

Non dunque tutte spente erano le sirene?
[…]
Sfiora torrette, ora, passerelle
la visita da poco cominciata: s’imbuca un fragore
come di sottoterra, che pure ha regola e centro
e qualcuno t’illustra. […]
Vittorio Sereni

[…]
a che servono se sono lontani i vivi?
[…]
Ghiorgos Seferis

* La storia parte da qui:
da questi binari spostati sul nulla
da questa ferraglia che urla.
“Hanno lavorato qui mio padre
e ancora, il padre di mio padre.
Erano il catrame delle mura
erano gli anni sbarrati fuori:
erano il giorno dopo il giorno, sempre!”

I
“Era la fabbrica la nostra impronta
la nostra bestemmia continua: sgolata.
Pregavamo così, per sentirci vivi.”

II
“Dicevamo «per fortuna c’è!».
Ma dov’era la fortuna se
i gironi incominciavano da lì?
Erano le cose a farci alzare e morire.
Nel cortile grande
crescevano alte le radici.
Da allora per me l’abbandono
ha l’odore del sambuco.”

(…)

Poema inedito in 22 stanze distribuito su 22 pannelli. Installazione realizzata in occasione di OMNEFEST (Torre Civica, 13 ottobre – 9 dicembre 2018) e pubblicato nel volume “OMNE/WORK 2016-2018”, LetteraVentidue, Siracusa 2018